COO.BRA
Coordinamento Bracciantile saluzzese
A Saluzzo la casa (per tutt*) è un frutto proibito?
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Da settimane il freddo è insopportabile, impossibile vivere nelle tende. Da giovedì 12 novembre è in corso lo smantellamento del Campo Solidale, il più grande dei 7 accampamenti dove, dal mese di maggio 2014, sono “alloggiati” braccianti e disoccupati arrivati nel Saluzzese per la raccolta della frutta. Se nei campi di container della Coldiretti hanno trovato posto 120 braccianti “a tempo pieno”, nella tendopoli del Foro Boario, una delle 4 gestite dall’associazionismo cattolico, hanno vissuto oltre 450 persone, di cui buona parte ha lavorato “a chiamata”. Fabbisogno di manodopera strutturale per l’economia ortofrutticola locale, settore colpito dalla crisi ed i cui prezzi vengono dettati unilateralmente dalla Grande Distribuzione Organizzata. Un’economia in cui l’agricoltura contadina subisce una costante ed inesorabile aggressione, mentre terre e produzione si concentrano sempre più nelle mani di poche aziende multinazionali, il cui giro d’affari è esorbitante.

Giovedì 12 novembre responsabili del campo e Forze dell’ordine erano intenzionati a chiudere il Campo Solidale definitivamente, ma lavoratori e disoccupati senza casa si sono opposti fermamente, non avendo altre alternative, ed hanno spinto il Sindaco di Saluzzo a lasciare 13 tende fino al 24 novembre. Ancora molti sono coloro che lavorano nella raccolta dei kiwi, altri attendono le paghe. Vi sono però anche persone che vorrebbero potersi fermare nel Saluzzese semplicemente perchè non hanno una casa dove tornare e si trovano privi anche della residenza, necessaria ad accedere a molti diritti fondamentali.

E’ proprio questa la questione che non si vuole affrontare, ovvero il fatto che queste persone non sono braccianti stagionali “per vocazione” o “per essenza”, come qualcuno preferirebbe pensare. Quello del lavoro agricolo è semplicemente uno dei principali settori dove alta è la richiesta di manodopera iperflessibile ed a basso costo ed in cui viene impiegato un numero altissimo di lavoratori migranti, che restano intrappolati in un circolo vizioso di precarietà prodotta sistematicamente. Componendo 1/4 della manopera complessiva impiegata in Italia in agricoltura,  i lavoratori stranieri rappresentano in Piemonte il 54% di quella fetta di manodopera dipendente che viene assunta in forma saltuaria (a chiamata) nelle aziende agricole, mentre per i lavoratori italiani è prevalente l’autoconduzione o l’impiego salariato in forma stabile. La perversa combinazione tra la vulnerabilità e la ricattabilità giuridica prodotta istituzionalmente tramite le leggi sull’immigrazione e lo sfruttamento del lavoro agricolo, “a chiamata”, irregolare e sottopagato, produce masse di persone rese strutturalmente manodopera “sospesa”, iperprecaria e sempre disponibile, utile all’economia agricola (e non solo) in cui è necessario avere un bacino di lavoratori a cui attingere “alla bisogna”, just-in-time.

A Saluzzo è in vertiginoso aumento il numero di lavoratori precari con permesso di soggiorno per motivi umanitari, protezione sussidiaria, asilo politico. Quest’anno hanno rappresentato almeno il 75% della “manodopera eccedente”. Persone sbattute fuori dai percorsi di prima accoglienza, nell’ambito di un sistema nazionale strutturalmente inadeguato rispetto alle reali necessità, che, insieme a lavoratori migranti espulsi da cicli in crisi, si sono ritrovati in strada e da anni si inseriscono nel sistema economico come manodopera dequalificata ed a basso costo, nelle campagne come nelle città, essendo intrappolati in un circolo vizioso che impedisce il miglioramento delle proprie condizioni di vita. Persone rese istituzionalmente ricattabili perchè tenute sull’orlo dell’irregolarità giuridica ed economica (tra loro legate, in primis attraverso la Bossi-Fini) ed incluse nella “cittadinanza” in maniera sempre più frammentata e discrezionale, ad opera di soggetti pubblici e privati, attraverso strumenti giuridici, amministrativi e materiali (accesso a forme di accoglienza, a contratti di lavoro etc.).

La precarietà abitativa è diretta conseguenza di questa situazione ed in particolare dell’assenza di un salario adeguato, nel contesto di un mercato immobiliare inaccessibile. Il lavoratore iper-precario che lavora a chiamata, in nero o comunque in maniera irregolare, nelle campagne, oltre ad essere a costante rischio di espulsione dall’Italia, non riesce mai a guadagnare un salario sufficiente per potersi permettere una sistemazione abitativa dignitosa. Così, finisce (in tutta Italia) in un campo di accoglienza pubblico-privato, tramite cui si opera una vera e propria «riduzione a profughi» dei lavoratori impiegati nelle campagne e dove la precarietà non può che aumentare, a causa della ghettizzazione, delle condizioni di vita estremamente insalubri e del fatto che si tratta di una sistemazione “a termine”, che istituisce una temporaneità permanente. Dopo 6 mesi in una tenda, sgombero e si ricomincia a girare, senza potersi mai fermare, senza poter aspirare ad un po’ di stabilità, senza potersi autodeterminare. Si è forzati ad inseguire le logiche di sfruttamento del capitale: dal combinato di precarietà lavorativa,  abitativa, sanitaria e giuridica diventa infatti estremamente difficile uscire.

A Saluzzo, quindi non è questione di permanere “ancora qualche giorno” sul territorio, come qualcuno ha detto, ma della legittima aspirazione a spezzare un circolo vizioso ed ottenere un minimo di dignità, stabilità e possibilità di autodeterminazione. Avere la possibilità di fermarsi finalmente da qualche parte, rivendicando il bisogno fondamentale di una casa, per persone che da quando hanno messo piede in Italia non hanno fatto altro che vivere in accampamenti o centri d’accoglienza temporanei, significa
poter migliorare le proprie condizioni di vita,
poter incidere sui rapporti di forza con la controparte economica, dal momento che chi ha una casa ed un po’ più di stabilità è meno disposto ad accettare qualunque condizione lavorativa,
poter rivendicare la propria esistenza politica, uscendo dall’invisibilità cui si è costretti nei ghetti alla periferia delle città,
poter tutelare la propria salute fisica e mentale,
poter ottenere una residenza ed accedere a molti diritti fondamentali da cui si è attualmente preclusi,
poter rifiatare dal ricatto imposto dall’enorme discrezionalità cui sono soggette tutte le procedure amministrative con cui si imbriglia la vita dei migranti,
poter imparare meglio l’italiano, fare un corso di formazione professionale,
poter conoscere il contesto sociale in cui si vive, intessere relazioni,
poter costruire un futuro non “a termine”, come invece impongono le logiche dello sfruttamento della vita a cui il governo umanitario del lavoro migrante si adegua.

Mentre molti, a causa del freddo insostenibile, continuano a partire senza meta, il prolungamento provvisorio del Campo Solidale per una decina di giorni non rappresenta una soluzione.

I Comuni di Saluzzo, Savigliano, Lagnasco, Revello, Verzuolo, Manta e Scarnafigi non hanno ancora risposto alla richiesta di confronto ed intervento che abbiamo inoltrato il 6 novembre, al fine di trovare una sistemazione abitativa dignitosa per chi è arrivato sul territorio alla ricerca di salario, svolgendo funzione di manodopera “a chiamata”, dequalificata a basso costo, ed è costretto a vivere in strada o a spostarsi da un accampamento all’altro, nella più totale precarietà.

Non ci stupiamo di questo silenzio istituzionale, dovuto alla mancanza di volontà di affrontare un tema scottante come quello casa, su cui inadeguatezza politica e volontà repressiva si rafforzano a vicenda in maniera più che lampante, a tutti i livelli di governo. Non ci stupiamo neanche che il silenzio sia accompagnato dal tentativo di dividere tra “stagionali” e “residenti”, utile solo ad alimentare lo spauracchio dello “straniero nemico” – che arriva sul territorio a rubare il lavoro ed adesso pure la casa! – in piena sintonia con la  retorica securitaria cavalcata da fascismi di ogni risma. Lo spazio è lasciato alle destre, perchè la sinistra democratica non ha nessun discorso alternativo da proporre e sulle condizioni di vita e di lavoro dei migranti nelle nostre campagne non ha parole da spendere.

Riteniamo che solo la solidarietà e la cooperazione tra i lavoratori migranti accampati e tutte le altre persone colpite dalla crisi che si trovano nel Saluzzese, lavoratori precari e disoccupati, famiglie e singoli a rischio sfratto, possa  incidere sui rapporti di forza attuali. Solo attraverso la nostra intelligenza collettiva potremo trovare delle risposte utili e condivise ai bisogni fondamentali di tutti e tutte ed uscire dall’individualizzazione e dalle facili divisioni che oppongono italiani e stranieri, residenti e stagionali.

Il Piemonte è al 4° posto in Italia per numero di sfratti. La provincia di Cuneo in quanto a richieste di sfratto è seconda solo a quella di Torino, nel 2013 sono state 638, e ne è stato eseguito 1 ogni 404 famiglie, il 12% in più rispetto all’anno precedente, di cui il 90% per morosità incolpevole, cioè l’impossibilità di continuare a pagare un affitto. Contro sfratti, sgomberi, sfruttamento del lavoro, contro la becera xenofobia che abbiamo visto in questi giorni in giro per l’Italia e che si alimenta anche nel Cuneese, contro il paternalismo assistenziale, per non subire passivamente ed individualmente le condizioni imposte dalle politiche dell’austerità, nell’isolamento e nell’angoscia, per recuperare tanti stabili vuoti ed abbandonati senza cedere alla logica del profitto e della rendita su cui si basa il mercato immobiliare da cui molti sono esclusi, l’unica strada è quella di unirci e riprenderci ciò che ci spetta. Casa, salute, formazione, accesso a servizi, possibilità di crearsi una rete sociale, di rinnovare i propri documenti, sono bisogni fondamentali di tutti e tutte, italian* e migrant*.

“Perchè adesso io volevo trovare un posto dove abitare”.

Saluzzo, sabato 15 novembre 2014

Stay tuned per ulteriori aggiornamenti…


Saluzzo, il governo umanitario del lavoro migrante ultraprecario
12 novembre 2014


Come ogni anno, il desolante “spettacolo” con cui si salutano i “fratelli africani”:

http://www.lastampa.it/2014/11/13/multimedia/edizioni/cuneo/campo-solidale-si-smontano-le-tende-dei-migrantigarassino-P5Q4ACG1ZgPn6iYo3HH0yO/pagina.html

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