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Coordinamento Bracciantile saluzzese
La task force regionale dà i numeri? La realtà vista da Boreano
Categories: [Campagne e Campi]

La task force istituita dalla Regione Basilicata sulla questione bracciantile ieri – 25 settembre – ha dato i numeri. Ha annunciato di aver riportato ottimi risultati contro il lavoro nero e contemporaneamente ha annunciato lo sgombero dei braccianti di Boreano. Secondo la task force, le aziende agricole starebbero assumendo dalle liste di prenotazione e avrebbero “risposto positivamente all’intesa sottoscritta”.

Siamo a Boreano tutti i giorni, assieme ai braccianti, e la situazione, vista da qui, è diversa.

I centri di accoglienza sono stati aperti con estremo ritardo, quello di Venosa addirittura il 19 settembre, a dieci giorni dalla fine della raccolta del pomodoro. Per più di un mese i braccianti hanno vissuto ai casolari, come al solito, e ascoltato promesse di accoglienza e minacce di sgombero.
Come funzionano i due centri di accoglienza di Palazzo e Venosa? Si tratta di accoglienza “dignitosa”? La Croce Rossa li gestisce in maniera autoritaria, nessuno può far visita ai braccianti, che quindi vivono in una situazione di ghettizzazione, quasi come ai casolari. In più, la beffa del freddo: le tende non sono riscaldate, non sono state ancora distribuite coperte.

I centri di accoglienza e le liste di prenotazione non hanno risolto il problema del lavoro: fuori e dentro i centri, la maggior parte dei braccianti continua a lavorare con la mediazione dei caporali.
Non illudano i numeri di 845 braccianti iscritti alle liste, 657 occupati in regola e 300 aziende che avrebbero fatto richiesta di braccianti alle liste: a Boreano tutti sanno che sono i caporali che, come negli anni scorsi, raccolgono i documenti dei braccianti e li passano alle aziende, le quali iscrivono i braccianti alle liste. Sono i caporali a trasportare i braccianti sul luogo di lavoro e prendono le stesse tariffe degli anni scorsi; i servizi di trasporti istituiti dalla task force (a Palazzo, ma non a Venosa) non hanno funzionato: le aziende agricole, anche quest’anno, hanno preferito la mediazione dei caporali a quella del centro per l’impiego.
Secondo la task force, il lavoro nero sarebbe in calo. Questa affermazione è quantomeno frettolosa: gli avviamenti al lavoro di cittadini non comunitari durante la raccolta del pomodoro nel 2013 erano stati circa 1.050. Quest’anno, a pochi giorni dalla fine della raccolta, stando ai numeri della task force, sono 657.
Inoltre, a Boreano tutti sanno che un contratto non vuol dire un lavoro in regola: a fronte di 30-40 giornate lavorative effettive, la maggior parte dei braccianti africani si vede versati i contributi soltanto per 2-3 giornate, e spesso non riceve la busta paga. I controlli dell’Ispettorato del lavoro nei campi possono verificare ben poco, perché le giornate sono pagate solo a fine mese. Andrà quindi verificato a fine raccolta se il numero complessivo di contributi versati per ogni bracciante è effettivamente aumentato.

La task force ringrazia le aziende mentre annuncia di voler sgomberare i braccianti. Perché?
Obbligare i braccianti ad andare nelle tendopoli solo per l’ultima settimana di raccolta del pomodoro serve forse a nascondere il fallimento di molti degli interventi fatti? Centinaia di migliaia di euro spesi per due centri di accoglienza aperti tardivamente, affidati senza bandi trasparenti, occupati da una piccola parte dei braccianti presenti sul territorio e senza riuscire a destrutturare davvero il caporalato.

Chiediamo alla Regione Basilicata e al Comune di Venosa di non sgomberare i braccianti di Boreano. Molti sono in partenza per la fine della raccolta del pomodoro e altri si trasferirebbero spontaneamente nei centri se intendono restare in zona per la vendemmia o la raccolta delle olive. Lo sgombero rafforzerebbe i caporali, anziché indebolirli. E dove andrebbero gli irregolari? Dove le donne che vivono a Boreano?
Chiediamo alla Regione Basilicata di aprire i centri di accoglienza ai visitatori esterni e di non farne dei nuovi ghetti per i braccianti.
Chiediamo che i braccianti che vivono nei centri siano degli interlocutori nelle decisioni e non dei semplici oggetti di sgombero e di controllo.
Chiediamo che si attivi una politica per la casa che permetta ai lavoratori che lo desiderino di affittare abitazioni nei centri abitati.
Chiediamo che gli interventi per l’anno prossimo vengano discussi in maniera aperta e democratica, a partire da quello che quest’anno è andato male, e soprattutto assieme ai braccianti interessati.

Fuori dal Ghetto – Scuola di italiano di Boreano – Osservatorio Migranti Basilicata

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